“L’Ungheria nega il cibo ai richiedenti asilo”: la pesante accusa di una ONG

Le autorità ungheresi starebbero sistematicamente negando l’approvvigionamento di cibo ai migranti che non sono riusciti ad ottenere l’asilo politico e che sono stipati in campi al confine del Paese. L’accusa, riportata dal Guardian,  basata sulle testimonianze degli attivisti per i diritti umani è di quelle che fanno accapponare la pelle e che ci riportano indietro verso tempi terribili. Gli attivisti dell’Hungarian Helsinki Committee, organizzazione non governativa ungherese e molto attiva in tutto il centro-europa, hanno descritto quello che sta accadendo come “Una violazione di diritti umani senza precedenti nell’Europa del  21°secolo“.

L’associazione ha documentato ben otto casi che hanno coinvolto 13 persone quest’anno, in cui le autorità ungheresi hanno provveduto alla consegna del cibo solo dopo l’intervento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. In alcuni casi il cibo è stato negato per ben cinque giorni prima dell’intervento della Corte Europea, denunciano gli attivisti.

Il nodo del confine serbo-ungherese

E la partita sembra giocarsi tutta al confine con la Serbia, un tempo vero e proprio crocevia della rotta balcanica, perché se sulla xenofobia si gioca gran parte della fortuna elettorale del premier Orbàn, è sul confine sud che si gioca la partita politica più importante. Per le autorità magiare la Serbia è infatti una “zona sicura” e i migranti non hanno alcun diritto di muoversi verso Nord.

Una dinamica in cui anche il cibo potrebbe giocare un ruolo fondamentale come spiega al Guardian, Márta Pardavi, tra i leader dell’Hungarian Helsinki Committee: “L’idea è quella di affamare le persone per costringerle di conseguenza e tornare verso la Serbia. Questo significa obbligarli a un’azione che è espressamente vietata dalle autorità serbe” sottolinea l’attivista.

Sospetti che, del resto, sono confermati dalle affermazioni di Kovács, portavoce di Orbàn, che nel corso dello scorso anno durante un’intervista aveva ribadito: “Non c’è pasto gratis per nessuno“, alludendo come i richiedenti asilo che si fossero visti negati il permesso di soggiorno, erano “liberi” di tornare da dove erano venuti, ovvero dalla Serbia.

L’ennesimo capitolo di una tragica sceneggiata, consumata nel dramma di un’Europa che rimane troppo spesso a guardare e di diritti umani consumati sull’altare di facili consensi elettorali.

 

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