A cosa serve lasciare X adesso?
I problemi della piattaforma sono noti da tempo. L'indignazione è giustificata, ma in ritardo. Inoltre, seguendo questo paradigma dovremmo lasciare tutti i social network
14/11/2024 di Enzo Boldi
Piccola premessa prima di accingersi alla lettura di questo articolo: ogni singola persona è libera di fare le proprie scelte e, in tema di social network, ognuno è libero di decidere cosa fare con i propri account. Questo preambolo è necessario per sottolineare e ribadire come ogni essere umano debba sentirsi libero di frequentare l’ambiente digitale che preferisce. Detto ciò, sorprende – e non poco – che molti degli utenti che nelle ultime ore hanno deciso di abbandonare X si siano accorti solamente ora di come quell’ecosistema sia controverso. E non possono bastare le dichiarazioni di Elon Musk sulla magistratura italiana a dare questa spinta.
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Ci si è accorti solamente oggi del pensiero di Elon Musk e della sua gestione della piattaforma (all’epoca si chiamava Twitter) – acquistata alla fine di ottobre del 2022 per 44 miliardi di dollari – di cui ha mutato le funzioni e l’utilizzo (anche attraverso la creazione di algoritmi dedicati) a sua immagine e somiglianza? È bastato quel giudizio non richiesto (ma appoggiato da alcuni politici italiani al governo) per far accendere la luce? Certo, quelle parole – a cui ha risposto il Presidente della Repubblica, condito da un timidissimo accenno da parte della Presidente del Consiglio – hanno sicuramente rappresentato, per molti, la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Abbandonare X è una decisione d’istinto e poco sensata
Dunque, ognuno è libero di scegliere cosa fare con i propri account. Anche lanciare un ultimo messaggio nel tentativo di scuotere le coscienze. Quindi, i vari “vip italiani” che in queste ore hanno annunciato la loro decisione di abbandonare X (alcuni disattivando l’account, altri rimanendo silenti), hanno sicuramente avuto le loro ragioni per procedere in quella direzione. Ma se ne sono accorti solamente oggi? Elon Musk è quello che è da anni. In molti, soprattutto negli Stati Uniti, hanno deciso di abbandonare la piattaforma non appena fu ufficializzato il cambio di proprietà.
Dei suoi deliri di onnipotenza noi di Giornalettismo abbiamo riempito pagine e pagine della nostra testata online. Ma non abbiamo mai deciso di abbandonare X in segno di protesta. Molte volte, di fronte alla creazione – mai ufficializzata, vista la scarsa trasparenza del personaggio in questione e della piattaforma che controlla – ci siamo trovati di fronte al dilemma: a cosa serve rimanere su questo social network? Anche perché, lo diciamo chiaramente, nella nostra lunghissima storia in rete abbiamo notato che il “traffico” sul nostro sito non arriva praticamente mai da questa piattaforma. Neanche quando si chiamava Twitter ed Elon Musk era in altre faccende affaccendato.
Sappiamo bene che X è diventato il regno delle fake news, ma giornalisticamente è una fonte inesauribile di spunti. Anche partendo da una cosiddetta “bufala” condivisa da “@Paperino74” su quel social network, si può sviluppare un importante lavoro di debunking, cercando di evitare che molte altre persone cadano nella disinformazione. Anche se l’algoritmo non premia questi contenuti, è necessario mantenere un presidio fisso lì sopra.
Chi pensa di fare un torto a Musk abbandonando oggi Meta, ha perso di vista il fulcro centrale della questione. L’imprenditore – ora è ancora più evidente – non ha acquistato la piattaforma per trarre profitto. Nonostante, infatti, le auto-celebrazioni sui download dell’app condivisi sul social da parte di account molto vicini al fondatore di Tesla, i numeri parlano chiaro: sempre meno utenti, in tutto il mondo, utilizzano la piattaforma dell’uomo più ricco del mondo (nel terzo trimestre del 2024 sono 22 milioni in meno, solo in Europa, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente). Dati che non possono essere contestati e che non vengono divulgati come dovrebbero solamente perché l’algoritmo della piattaforma penalizza gli articoli “contro”.
Come detto, però, l’obiettivo di Musk è stato già raggiunto: non soldi da X, ma un punto di riferimento politico. Come dimostrato dalle recenti Presidenziali americana vinte da Donald Trump anche grazie allo “sforzo” (non solo economico) dell’imprenditore nell’agevolare la campagna elettorale Repubblicana (ma anche per “colpa” dei Democratici e dei loro balbettii decisionali). Dunque, abbandonare X è solo una soluzione per dire: “io l’ho fatto, voi?”. Ma questo non serve a nulla.
E allora Meta?
Avremmo voluto sentire la stessa indignazione per Facebook, ai tempi del disvelamento dello scandalo Cambridge Analytica. O quando emersero i dati – tenuti nascosti – sugli effetti nocivi delle piattaforme di Meta sulla salute mentale dei minori. O anche quando le campagne di interferenza elettorale (anche in Italia) erano gestite attraverso pagine da migliaia di follower che condividevano fake news per portare voti a determinati partiti. Oppure quando su TikTok emergono challenge che mettono a rischio la salute fisica dei più piccoli. Insomma, i social possono essere tossici. Tutti. A prescindere dall’antipatia e dalla simpatia.
Per quel che riguarda il nostro settore, quello dell’informazione, possiamo raccontare di come l’algoritmo di Meta sia penalizzante per i contenuti giornalistici e, spesso e volentieri, ci siamo trovati di fronti a decisioni arbitrarie e folli su presunti contenuti “illegali” pubblicati. Questioni che sono ancora in fase di valutazione e che hanno portato a una penalizzazione in termini di visibilità (non di visualizzazioni, visto che fortunatamente abbiamo una forte base di lettori che porta traffico organico). Ecco perché ci chiediamo a cosa serve lasciare X adesso. Per gusto personale, certo. Ma anche perché sembra che ci si sia svegliati ora da un profondo torpore. Quel che la piattaforma è oggi lo era anche ieri. Anche prima che Musk parlasse dei giudici italiani e che sostenesse (nelle sue tante capriole) Donald Trump.