Cosa dicono le linee guida Agcom per l’accesso ai siti per adulti dal 2025

Il documento pubblicato dall'autorità garante delle comunicazioni non parla esplicitamente di Spid e, comunque, non in maniera esclusiva

14/10/2024 di Gianmichele Laino

La premessa doverosa è che lo Spid non è l’unico sistema che è previsto dall’Agcom per lo schema di regolamento sull’age verification funzionale all’accesso di siti per adulti (come, ad esempio, i siti porno) a partire dal 2025. Anzi, lo Spid – così com’è attualmente in funzione in Italia – non è nemmeno stato esplicitamente nominato al termine della consultazione che l’autorità ha svolto con 13 soggetti tra i quali altre istituzioni, associazioni di categoria e di consumatori, piattaforme di condivisione video. Sicuramente, Agcom ha individuato due strade per la verifica dell’età su queste piattaforme e lo Spid non è altro che un sottoinsieme della seconda strada. Ma vediamo in cosa consiste lo schema di regolamento dell’Agcom sulla verifica dell’età, al netto dei facili allarmismi sullo Spid.

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Schema di regolamento Agcom sulla verifica dell’età: i punti chiave

In generale, Agcom richiede «l’intervento, per la fornitura della prova della maggiore età, di soggetti terzi indipendenti certificati, attraverso un processo di verifica dell’età che prevede due passaggi logicamente separati: identificazione e autenticazione della persona identificata, per ciascuna sessione di utilizzo del servizio regolamentato (cioè, la fornitura di contenuti pornografici tramite sito o piattaforma web)». Questo sistema può avvenire in due modi: o attraverso le app stesse che forniscono una certificazione attraverso la generazione della prova dell’età, o – nel caso di navigazione da browser – il rilascio di questa stessa certificazione da parte di un soggetto terzo.

Ovviamente, l’ipotesi Spid riguarderebbe proprio questa seconda fattispecie. Che caratteristica deve avere il soggetto terzo? Si tratta di entità indipendenti dal fornitore di contenuti «che conoscono l’utente di Internet, siano essi fornitori di servizi specializzati nella fornitura di identità digitale, o un’organizzazione o soggetto che ha identificato l’utente di Internet in un altro contesto». I “servizi specializzati” potrebbero, effettivamente, essere lo Spid o la Carta d’identità elettronica ma, come si evince da questa dicitura, non saranno le uniche opzioni. In ogni caso, il soggetto che fornisce la “prova dell’età” – per ragioni di sicurezza – non dovrebbe essere a conoscenza dell’utilizzo che l’utente farà del servizio per cui la verifica dell’età è richiesta. Inoltre, per offrire garanzie sull’anonimizzazione del sistema di sicurezza utilizzato, il soggetto deve essere certificato da un’apposita Autorità.

Non è coinvolto nemmeno il sito che fornisce il contenuto a cui l’utente vuole avere accesso: la piattaforma, infatti, si farà bastare la certificazione che l’utente gli invierà, senza ulteriori specifiche. Attraverso questo doppio binario, insomma, l’Agcom vorrebbe preservare la tutela dell’identità della persona, tranne per quello che riguarda la sua età.

Il quadro normativo a cui Agcom fa riferimento

L’iniziativa di Agcom non è sicuramente spontanea. L’Autorità, infatti, parte dal presupposto che la legge 13 novembre 2023, n.159 (il cosiddetto decreto Caivano) punta a contenere il disagio giovanile. Nel capo IV, all’articolo 13, infatti il decreto cerca di dare disposizioni per la sicurezza dei minori in ambito digitale. Nella fattispecie, richiede che i fornitori di servizi di comunicazione elettronica assicurino la disponibilità di applicazioni di controllo parentale nell’ambito dei contratti di fornitura nei servizi di comunicazione elettronica e una opportuna comunicazione in materia. All’articolo 13-bis, invece, il decreto Caivano vieta ai minori l’accesso a piattaforme dal contenuto pornografico e chiede ai gestori di siti web e ai fornitori delle piattaforme di condivisione video di verificare la maggiore età dei loro utenti, con un richiamo all’Agcom affinché possa prevedere queste fattispecie.

I sistemi di age verification e una maggiore trasparenza su questo sono richiesti anche dal DSA, il Digital Services Act approvato in sede comunitaria. Insomma, si sta costruendo un tessuto legislativo per il quale sistemi di maggiore controllo dell’età dovrebbero essere definiti per un numero sempre crescente di servizi online.

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