Il percorso a ostacoli della legge europea sul controllo delle chat

Il testo, presentato nel 2022 dalla Commissione UE, ha ricevuto molte critiche e anche gli aggiustamenti in corsa convincono ben poco

21/06/2024 di Enzo Boldi

I problemi erano evidenti fin dalla sua nascita. Non è un caso, infatti, che la legge europea sul controllo delle chat (Chat control) al fine di scongiurare la condivisione di contenuti pedopornografici rischia di arenarsi per l’ennesima volta. Un percorso irto di ostacoli, critiche e valichi insormontabili (sostenuti anche da sentenze della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo), oltre che di difetti tecnici che hanno portato molti Paesi a dirsi contrari all’approvazione di questa misura. Anche nella sua versione rinnovata proposta dalla Presidenza del Consiglio UE a guida Belgio.

LEGGI ANCHE > È stato rinviato il voto UE su Chat Control

Ieri, giovedì 20 giugno, era previsto – secondo il calendario – il voto del Consiglio UE sull’ultima versione di Chat Control. C’è stato, però, uno stop e un rinvio a data da destinarsi per assenza di una maggioranza. Non si trattava di una votazione vincolante (ovvero, l’approvazione non avrebbe trasformato questo progetto in legge), visto che la gerarchia dell’Unione Europea prevede che il voto di ogni singola istituzione (Parlamento, Consiglio e Commissione) comporta “solamente” la posizione negoziale all’interno del complesso macchinario legislativo europeo.

Chat Control, il percorso a ostacoli della normativa UE

Le controversie si sono palesate fin dall’inizio, quando la prima versione del testo – proposto dalla Commissione Europea – era emerso un punto critico e insormontabile: veniva violato il principio della crittografia nelle comunicazioni al fine di scongiurare la condivisione – via chat – di materiale contenente abusi su minori. L’obiettivo è lodevole, ma lo strumento inizialmente previsto con Chat control non è in linea con il principio di tutela della privacy dei cittadini. Seguendo quel paradigma iniziale, infatti, sarebbe iniziata una sorveglianza di massa di tutti i nostri messaggi. E non si tratta di un “capriccio”, ma della tutela alla riservatezza di ogni singolo cittadino europeo.

Dunque, parliamo di una scansione – lato client – dei servizi di crittografia end-to-end. Dunque, parliamo di una scansione di tutti i messaggi (su Whatsapp, Signal e altre app di messaggistica istantanea, compresi i messaggi in altre app social), a prescindere dalla loro “pericolosità” a livello di diffusione di materiale pedopornografico. Proprio questo aspetto ha portato alla sospensione del progetto e a una rimodulazione – presentata dal Parlamento Europeo – che escludeva dai controlli i servizi di crittografia end-to-end.

La proposta del Belgio

In ballo c’è anche un’altrettanto controversa proposta presentata quest’anno dal Belgio (che ha la presidenza del Consiglio europeo fino al 30 giugno, prima di passare la palla al semestre sotto la guida ungherese) in cui si parla di scansione non più dei messaggi, ma degli hash. Di cosa stiamo parlando? Si tratta di un “valore” che viene assegnato a ogni singolo contenuto e confrontato con un dataset di altri contenuti nelle mani – per esempio – dell’Europol. Dunque, si tratterebbe di una scansione preventiva che avviene in fase di caricamento e non dopo l’invio.

La privacy e la crittografia end-to-end sarebbero salve? Assolutamente no. Anche in questo caso, avverrebbe una sorta di sorveglianza di massa che – a prescindere – violerebbe il principio della crittografia (anche secondo quanto sentenziato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo, datata febbraio 2024). Anche perché, appare evidente, che questo controllo sul caricamento non è altro che una nuova versione di quei principi su cui molti Paesi nutrono dubbi.

Share this article