Cosa è successo al giornalista Fabrizio Gatti e alla banca che ha usato l’AI per fare un test su un suo ipotetico mutuo

Il clamoroso scambio di persona legato all'omonimia e l'accusa di aver subito una condanna (elementi che, quindi, farebbero bocciare qualsiasi richiesta di prestito all'istituto di credito)

27/09/2023 di Gianmichele Laino

Fabrizio Gatti è un nome molto noto nell’ambito del giornalismo e dell’editoria. Attualmente è direttore editoriale per gli approfondimenti di Today. Ha condotto diverse inchieste giornalistiche importanti nel corso della sua lunga carriera e ha scritto libri che hanno ricevuto premi. Possiamo dire, anche attraverso una banale ricerca sui motori di ricerca, che non ha in alcun modo subito condanne, men che meno «aver sottratto 6 milioni di euro alla finanziaria regionale FinPiemonte quando ne era presidente». Numero uno perché Fabrizio Gatti, il giornalista, non è mai stato presidente della FinPiemonte. Numero due perché Fabrizio Gatti, il giornalista, non ha commesso quel reato. Eppure, l’intelligenza artificiale di ChatGPT (ma – nel corso del nostro approfondimento – abbiamo testato anche l’AI di Bard con la stessa query di ricerca) ne sembra convinta. Il giornalista lo ha scoperto attraverso un messaggio che gli è stato mandato da un amico, consulente informatico di una «importante banca italiana» (così la definisce Fabrizio Gatti nella testimonianza che ha lasciato a Today, il giornale per il quale attualmente lavora).

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La storia di Fabrizio Gatti e l’uso dell’intelligenza artificiale da parte delle banche

Quello che sorprende è che le banche stiano sperimentando l’utilizzo dei bot dell’intelligenza artificiale attualmente presenti sul mercato per fare delle indagini su clienti che chiedono prestiti e mutui. L’obiettivo è quello di attingere a fonti aperte e pubbliche di dati per are una scrematura automatizzata delle possibili pratiche per queste operazioni finanziarie. Insomma, qualcosa che potrebbe essere fatto tranquillamente anche da un essere umano (attraverso la consultazione diretta di queste fonti pubbliche), ma che le banche – evidentemente – stanno cercando di affidare all’intelligenza artificiale, credendo così di risparmiare tempo e di ottimizzare le giornate lavorative, smaltendo così queste richieste.

Il problema è che l’essere umano – almeno quello che svolge con cura il proprio lavoro – è in grado di rendersi conto di eventuali casi di omonimia. A quanto pare, invece, ChatGPT o un altro strumento di AI non sono in grado di farlo. Dunque, se un omonimo di Fabrizio Gatti è stato condannato per aver sottratto 6 milioni di euro, il Fabrizio Gatti in questione potrebbe non vedersi riconosciuto il mutuo o il prestito dalla banca. O almeno correrebbe un rischio molto serio di bocciatura della sua richiesta.

Nel monografico di Giornalettismo di oggi abbiamo cercato di affrontare questo tema, riflettendo proprio insieme a Fabrizio Gatti, raccogliendo la sua testimonianza, evidenziando tutte le contraddizioni che ci sono state in questa storia. Tuttavia, la domanda di base che ha animato la nostra ricerca è una sola: che motivo hanno le banche italiane di fare ricorso all’intelligenza artificiale per delle operazioni che potrebbero essere condotte con maggiore scrupolo da risorse umane in carne e ossa? E soprattutto, perché si pensa che dei dati pubblici – disponibili su internet sotto forma di pagine Wikipedia realizzate, a loro volta, da persone a cui può sfuggire qualcosa; di articoli di giornali a cui possono sfuggire dettagli e aggiornamenti; a biografie autoprodotte – possano essere utili a determinare la storia finanziaria di una persona?

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