Scaglioni e criteri: come si applicherà il nuovo Tax Credit al Cinema italiano

Una stretta decisa soprattutto per quel che riguarda le opere che non vengono proiettate nelle sale. Ma cambiano anche le definizioni di corto e lungometraggio

19/09/2024 di Enzo Boldi

Per le produzioni cinematografiche italiane, sarà molto più difficile accedere al credito d’imposta e ai fondi stanziati per le agevolazioni fiscali dallo Stato. Secondo quanto indicato dal decreto del Ministero della Cultura – basandosi sulle indicazioni della Direzione Generale Cinema e Audiovisivo del MiC -, i criteri per richiedere il nuovo Tax credit sono molto più restrittivi rispetto al recente passato. E parte della produzione che abbiamo visto negli ultimi anni, non avrà la possibilità di rispettare i rigidi paletti introdotti con la nuova normativa.

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Sono cambiate anche alcune delle definizioni che sono alla base delle differenziazioni tra le varie opere prodotte. L’esempio più lampante è il “cortometraggio“, contenitore all’interno del quale – come si legge dal decreto – rientreranno solamente le «opere audiovisive aventi durata inferiore o uguale a 20 minuti». In precedenza, all’interno di questa categoria rientravano tutte le opere audiovisive della durata uguale e inferiore ai 52 minuti. Superata quella soglia, la pellicola veniva automaticamente etichettata come “lungometraggio“. Oggi, invece, ci troviamo di fronte a un vuoto: tutto ciò che è compreso tra i 21 e i 51 minuti non ha una definizione e non potrà richiedere l’accesso al credito d’imposta per la produzione.

Criteri nuovo Tax credit, quali sono i vincoli

Ma questa non è l’unica novità presente nel decreto. Scandagliando all’interno dei criteri nuovo Tax credit, troviamo un punto che rappresenta il vero fulcro di questa riforma. Come abbiamo approfondito in un precedente articolo, dal 2019 al 2023 oltre il 44% delle produzioni che hanno fatto richiesta di accesso al credito d’imposta non è mai finito nelle sale cinematografiche. Ora, con il nuovo decreto si cerca di estirpare questa dinamica. Infatti, il produttore deve garantire – con certificazione – la copertura finanziaria di almeno il 40% dei costi  di produzione della pellicola attraverso «risorse di origine privata». Già questo aspetto rischia di avere un impatto penalizzante per il cosiddetto “Cinema indipendente”. Ma questo non basta: per accedere al credito d’imposta, il produttore deve anche presentare un accordo vincolante con uno o più dei venti distributori cinematografici italiani per garantire la proiezione del film nelle sale.

Gli scaglioni e la distribuzione nelle sale

Ed eccoci al punto saliente. Perché tutto ciò di cui abbiamo parlato finora si snoda lungo tre scaglioni che si basano sui budget destinati alla proiezione. La suddivisione è molto semplice: film con un budget superiore ai 3,5 milioni di euro, quelli con un budget tra 1 e 3,5 milioni di euro e quelli con un budget inferiore a 1,5 milioni di euro. Tre costi differenti che prevedono criteri differenti in merito al vincolo di proiezione nelle sale:

  • Superiori ai 3,5 milioni di euro: almeno 300mila euro di investimenti nelle attività di promozione e la garanzia di almeno 2.100 proiezioni (entro le prime 4 settimane dalla prima uscita) in almeno 100 sale cinematografiche italiane, con almeno una proiezione nella fascia oraria tra le 18.30 e le 21.30.
  • Tra i 3,5 milioni e 1,5 milioni di euro: almeno 90mila euro di spese per la promozione e la garanzia di almeno 980 spettacoli in almeno 70 sale cinematografiche italiane, con almeno una proiezione almeno nella fascia 18.30-21.30.

Per quel che riguarda le promozioni “minori”, con un budget complessivo di produzione inferiore a 1,5 milioni di euro, sono obbligatorie almeno 240 proiezioni nel corso dei tre mesi successivi al giorno dell’uscita nelle sale.

 

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