Perché è il rapporto tra AI e giornalismo deve interessare (e preoccupare) tutti

Addestrando i modelli di intelligenza artificiale con le notizie, possono venir meno anche i diritti dei cittadini

22/08/2024 di Enzo Boldi

Il pullulare di accordi tra grandi gruppi editoriali e società che sviluppano sistemi e strumenti basati sull’intelligenza artificiale dovrebbe far suonare il campanello d’allarme. Non solo per i giornalisti che rischiano di veder cancellato il loro mestiere, ma anche per i singoli cittadini. Negli ultimi tempi, abbiamo parlato dei rapporti che si stanno intrecciando in modo sempre più fitto tra le testate (quotidiani online, settimanali e riviste) e aziende come OpenAI. Il più recente fatto salito agli “onori” della cronaca è l’intesa raggiunta tra la società di Sam Altman e il Gruppo Condé Nast. Ma questa è solo la goccia in un oceano che conta già moltissimi altri accordi che seguono tutti la stessa falsariga. Ma perché queste vicende dovrebbero essere di interesse pubblico? Citiamo solamente due concetti: diritto all’oblio e AI.

LEGGI ANCHE > OpenAI continua a stringere accordi con i grandi editori, l’ultimo è Condé Nast

Partiamo dalla definizione secondo quanto indicato dall’articolo 17 del Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) vigente in Europa e sintetizzato dal Garante Privacy italiano così:

«Il cosiddetto diritto “all’oblio” si configura come un diritto alla cancellazione dei propri dati personali in forma rafforzata. Si prevede, infatti, l’obbligo per i titolari che hanno “reso pubblici” i dati personali dell’interessato, ad esempio pubblicandoli su un sito web, di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano i dati personali cancellati, compresi “qualsiasi link, copia o riproduzione” (art. 17, par. 2). Da sottolineare che l’interessato ha il diritto di chiedere la cancellazione dei propri dati, per esempio, anche dopo revoca del consenso al trattamento (art. 17, par.1)». 

In parole semplici, dunque, parliamo di un principio giuridico che riconosce a ogni singolo individuo il diritto di non essere legato (vita natural durante) a eventi del passato che potrebbero danneggiare la sua reputazione (soprattutto se tali eventi non sono più attuali o rilevanti dal punto di vista della cronaca).

Diritto all’oblio e AI, cosa c’entra il giornalismo

Si tratta di un diritto che i singoli cittadini possono rivendicare nei confronti di ogni singola testata che ha citato il suo nome in fatti passati. Perché se è vero che il diritto di cronaca – per la completezza delle informazioni – consente ai giornalisti di rendere nota l’identità di chi viene – per esempio – indagato, è altrettanto vero che quest’ultimo (quando il fatto non è più rilevante) può chiedere la rimozione di quel contenuto (o del proprio nome in quel contenuto). Ed eccoci al punto di partenza e al motivo che dovrebbe spingere tutti a preoccuparsi di come l’intelligenza artificiale applicata al mondo dell’informazione (a mo’ di addestramento) possa rappresentare un enorme problema.

Perché il rapporto tra diritto all’oblio e AI rischia di essere una matassa difficile – se non impossibile – da dirimere. Facciamo un esempio: nel 1985 una persona (che chiameremo Pippo) viene arrestato indagato con l’accusa di aver ucciso un’altra persona (che chiameremo Topolino). Dopo anni di processi, Pippo viene scagionato dal giudice Paperino e il fascicolo viene chiuso. Pippo, diversi anni dopo, vede che il suo nome – nelle ricerche in internet – viene ancora legato a quell’accusa, con gli articoli pubblicati nei giorni dell’omicidio ancora presenti in rete. Allora decide di chiedere la rimozione di tutti quei contenuti, con le singole testate che devono necessariamente provvedere in quella direzione (trattandosi di un principio giuridico alla base di un diritto del cittadino).

Tutto risolto? No. Perché se le testate hanno trovato accordi con le società AI per addestrare i loro modelli di linguaggio con i propri contenuti, quell’informazione rimarrà per sempre all’interno del circolo vizioso dell’intelligenza artificiale e dei chatbot. Perché se è vero che le ricerche non potranno più attingere a quei contenuti rimossi, l’addestramento è avvenuto con dati personali (utilizzati, in origine, legittimamente dai giornalisti) che oramai sono stati immagazzinati. Dunque, il diritto all’oblio avrebbe dei riflessi solo nelle “mere” ricerche sui motori di ricerca, ma con il grande dubbio di cosa resta nel dataset dell’AI. Questo dovrebbe far preoccupare tutti e non solo i giornalisti.

Share this article