L’Alcolock, in realtà, è arrivato in Italia nel 2018: quali sono stati i risultati?
Un progetto esplorativo condotto dalla Fondazione Ania ha dato la spinta al CNEL di proporre al Ministero dei Trasporti l'utilizzo di questo dispositivo
22/11/2024 di Enzo Boldi
Quel che è stato scritto nero su bianco nel nuovo Codice della Strada è una “novità” in Italia solamente a livello legislativo. Infatti, la Fondazione Ania ha condotto un progetto – fin dal lontano 2018 – chiamato “Alcohol Interlock” che ha coinvolto una flotta di autobus di un’azienda torinese che si occupa di trasporto pubblico. Ed è proprio dai risultati di questa sperimentazione che ha preso spunto il CNEL nella sua richiesta al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti di inserire nell’aggiornamento della legge – approvato mercoledì 20 novembre dal Senato – l’obbligo di installazione di un dispositivo Alcolock all’interno delle vetture (per il trasporto di persone o merci) di quei cittadini che già in passato erano stati sanzionati per guida in stato di ebbrezza.
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Il progetto, dunque, risale al 2018. La Fondazione Ania, in collaborazione con l’azienda di trasporto pubblico torinese “Bus Company”, ha installato 53 dispositivi “Alcohol Interlock” all’interno di 56 autobus della flotta. Si tratta di mezzi che, nel corso di questo test, sono stati guidati da oltre 400 autisti e hanno percorso circa 10 milioni e mezzo di chilometri. Il dispositivo Alcolock utilizzato era stato acquistato da un’azienda tedesca e sono stati installati sui mezzi per avere a disposizione i dati sull’effettiva efficacia di questa soluzione.
Dispositivo Alcolock, la prima sperimentazione italiana
Come spiega lo European Transport Safety Council, i risultati sono stati impressionanti. Nel corso della sperimentazione del sistema “Alcohol Interlock”, infatti, nessuno degli autisti si è mai messo alla guida dopo aver bevuto. Dunque, tutti hanno avuto un tasso alcolemico pari a 0,0 g/l (grammi per litro). I dati sono stati così raccolti:
«I dati di misurazione vengono salvati nella memoria dell’apparecchiatura e non vengono trasmessi direttamente a un centro di controllo, come avviene ad esempio con le “scatole nere”. Vengono scaricati solo in caso di incidenti stradali o sospetto che l’autista stia assumendo alcol durante il servizio. Il campionamento dei sistemi non ha evidenziato alcuna violazione. Gli autisti coinvolti nell’esperimento non hanno mai superato il livello di alcol richiesto dal Codice della strada (0,0 g/l)».
Dunque, i dati vengono analizzati per valutare il funzionamento del sistema sono stati scaricati solamente in caso di incidente stradale o segnali di evidenza della presenza di una guida in stato di ebrezza. E il risultato è stato talmente soddisfacente che il CNEL ha portato avanti la missione – grazie al supporto della Fondazione Ania – di portare all’attenzione del Ministero dei Trasporti questa soluzione.