Ci si può sempre “difendere” citando il «fair use»?

Era già accaduto nel contenzioso aperto dal New York Times contro OpenAI. Ora si torna a fare questo riferimento nella causa che le grandi etichette musicali hanno intentato contro Udio e Suno

25/06/2024 di Enzo Boldi

L’eccezione è tale perché è un qualcosa che accade di rado rispetto a una regola stabilita. Se le eccezioni diventano tante, allora è la regola a non essere più prettamente così valida e stringente. E l’eccezione non è più tale. Sembra un terribile e contorto gioco di parole e pensieri. Sembra quasi una “supercazzola”, ma è l’aspetto fondamentale per comprendere come – probabilmente – gli Stati Uniti (terreno dei principali contenziosi nei confronti delle soluzioni e degli strumenti di intelligenza artificiale) dovrebbero rivedere quell’impianto normativo che vede il “fair use” come eccezione al copyright.

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Questo tema lo abbiamo già affrontato nelle pagine di Giornalettismo quando il New York Times intentò causa contro OpenAI, accusando l’azienda di San Francisco di aver addestrato la sua AI (e il suo modello di linguaggio) effettuando una scraping di contenuti online coperti e tutelati dal diritto d’autore. Anche in quel caso, Sam Altman&soci citarono il fair use, ovvero in quell’eccezione “corretta” per utilizzare materiale protetto da copyright per addestrare il suo chatbot ChatGPT.

Fair use copyright, la giustificazione perenne dello scraping AI

Dunque, un’eccezione. Anzi, tante eccezioni. Anche se da Udio e Suno (i due software AI contro cui le principali etichette musicali hanno intentato una causa) non è arrivato alcun commento ufficiale sulla vicenda, fonti interne – citate da numerosi quotidiani americani – hanno sottolineato come entrambe le aziende (nelle comunicazioni pre-contenzioso) abbiano pubblicamente smentito la violazione del diritto d’autore per addestrare le loro AI, per poi trincerarsi dietro il concetto di fair use come eccezione al diritto d’autore. Perché fare questo riferimento se si ha la “coscienza” pulita?

Possiamo sicuramente sottolineare come questa coperta di Linus sia la preferita da chi viene colto con le mani nella marmellata (basti pensare a questo esempio di un brano generato da Suno e che ricalca completamente “Johnny B. Goode” di Chuck Barry, con il diritto d’autore gestito dalla Universal Music Group). Ma ci si può sempre nascondere dietro questo concetto che rischia di rendere legittima quell’eccezione alla regola? Prima di dare una risposta su questo tema, fondamentale per il futuro dello sviluppo di soluzioni AI, facciamo una piccola sintesi per comprendere al meglio questo concetto.

L’eccezione alla regola

Il concetto di “fair use” fa parte della sezione 107 del Copyright Act, quella che fa riferimento alle uniche occasioni in cui si può superare il concetto di diritto d’autore a tutela di un’opera (di qualunque tipologia):

«Il fair use di un’opera protetta da copyright, compreso tale utilizzo mediante riproduzione in copie o registrazioni audio o con qualsiasi altro mezzo specificato da tale sezione, per scopi quali critica, commento, notizia, insegnamento (compreso più copie per uso in classe), borse di studio o ricerche non costituiscono una violazione del diritto d’autore».

Dunque, l’addestramento di modelli AI non rientrano pienamente in questo elenco di eccezioni, a meno che non si valuti questo processo di addestramento e machine learning come una “ricerca”. Ovviamente, questo principio prevede dei limiti per la sua valenza: lo scopo di utilizzo (quindi se “commerciale” non va bene), la natura dell’opera protetta da copyright, la porzione dell’opera “utilizzata” e l’effetto potenziale sul mercato.

Dunque, sembra che il comportamento di Suno e Udio (ma di tutti gli altri attori della scena AI) non rientrino in queste fattispecie. C’è, però, un’indicazione che arriva dal “Fair use index” e che rivela come ci sia una fattispecie in cui questi comportamenti potrebbero essere identificati come legittimi. Dunque, come queste eccezioni siano tollerabili.

«Gli usi “trasformativi” hanno maggiori probabilità di essere considerati equi. Gli usi trasformativi sono quelli che aggiungono qualcosa di nuovo, con uno scopo ulteriore o un carattere diverso, e non sostituiscono l’uso originario dell’opera».

Ed eccoci arrivati alla coperta di Linus che porta tutti gli attori AI accusati di aver utilizzato materiale coperto da diritto d’autore per addestrare i propri strumenti di intelligenza artificiale a fare riferimento al concetto di fair use copyright.

Un danno per tutti

Ed eccoci arrivati alla risposta alla domanda che ci siamo posti all’inizio di questo approfondimento: è logico fare sempre riferimento al fair use? Se il fine di addestrare una AI rientra nelle eccezioni al diritto d’autore, il concetto stesso di diritto d’autore è destinato a morire. Diventa obsoleto e un’inutile rivendicazione sostenuta da una legge che – di fatto – non garantirebbe più alcuna rivalsa per chi detiene i diritti e la proprietà intellettuale di un’opera di qualunque tipologia. Dunque, occorre, probabilmente, rivedere il concetto di “eccezioni”. Sempre che si voglia porre un freno a questo scraping gratuito per vendere prodotti agli utenti.

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