Le “colpe” delle Regioni sul caos del nuovo FSE

Proprio nei giorni precedenti alla scadenza del periodo per far valere il proprio diritto all'opposizione del pregresso, il Garante Privacy aveva "tirato le orecchie" alle Regioni

30/09/2024 di Enzo Boldi

Nel mare magnum del caos relativo a quella che – all’epoca – era l’imminente decorrenza dei termini per consentire a ogni singolo cittadino italiano di far valere il proprio diritto all’opposizione al pregresso (relativamente ai dati antecedenti al 19 maggio 2020 caricati sul Fascicolo Sanitario Elettronico 2.0), il Garante per la Protezione dei Dati personali aveva “tirato le orecchie” alle Regioni (praticamente tutte) che si avevano modificato l’informativa privacy rendendola differente (e con molte differenze tra loro) rispetto a quella predisposta dal Ministero della Salute (e approvata dallo stesso Garante Privacy). Questa è stata, oltre alle modifiche che a breve entreranno in vigore, una delle più grandi macchie relative al FSE 2.0.

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Se è colpa delle Regioni, ovviamente, è anche colpa dello Stato che non ha controllato. Perché la notizia dell’apertura di ben 20 provvedimenti (18 contro le Regioni e 2 contro le Province Autonome di Bolzano e Trento) correttivi e sanzionatori da parte del Garante Privacy è arrivata proprio nelle fasi finali. Quelle della decorrenza dei termini per i cittadini per far valere il proprio diritto all’opposizione al pregresso relativamente all’inserimento dei propri dati sanitari antecedenti al maggio di quattro anni fa.

FSE 2.0, tutte le colpe delle Regioni

Nello specifico, come spiegato dallo stesso Garante per la Protezione dei Dati personali, sono molte le problematiche emerse dai controlli dell’Autorità sulle informative rivisitate e corrette senza seguire lo schema nazionale approvato – con decreto – dal Ministero della Salute.

«Gli esiti dell’attività istruttoria sul FSE, avviata alla fine di gennaio, hanno mostrato che 18 Regioni e le due Province autonome del Trentino Alto Adige – non essendo in linea con quanto contenuto nel decreto del 7 settembre 2023 – hanno modificato, anche significativamente, il modello di informativa predisposto dal Ministero, previo parere del Garante, che avrebbe dovuto essere adottato su tutto il territorio nazionale». 

Criticità a macchia di leopardo, con ogni singola Regione che ha modificato l’informativa a suo piacimento, senza rispettare quanto deciso a livello nazionale, vanificando – di fatto – proprio l’impronta originale (sanità senza confini) del FSE 2.0:

«Le difformità riscontrate hanno reso evidente che alcuni diritti (es. oscuramento, delega, consenso specifico) e misure (es. misure di sicurezza, livelli di accesso differenziati, qualità dei dati) introdotte dal decreto, proprio a tutela dei pazienti, non sono garantite in modo uniforme in tutto il Paese. Oppure sono esercitabili ed esigibili solo dagli assistiti di talune Regioni e Province autonome, con un potenziale e significativo effetto discriminatorio sugli assistiti». 

Dunque, una visione completamente distorta dei principi alla base di questo modello. Il tutto corredato da altri problemi che, fortunatamente, ora sembrano esser stati risolti. E mentre lo Stato si è reso protagonista di una campagna di comunicazione piuttosto scialba.

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