Il Garante Privacy vuole bloccare l’accordo Gedi-OpenAI?

L'autorità con sede a Piazza Venezia ha inviato un avvertimento formale al Gruppo Gedi. Il 24 settembre scorso era stato annunciato un accordo tra la società editoriale e OpenAI, l'azienda che sta dietro a ChatGPT

02/12/2024 di Gianmichele Laino

Settembre, andiamo. È tempo di migrare. Non si parla di transumanza, in questo caso, ma di uno spostamento di dati all’interno di una piattaforma. I dati in questione sono quelli del Gruppo GEDI, la società editoriale di testate come Repubblica e La Stampa che – proprio nel mese di settembre, in seguito a un grande evento in cui aveva ospitato a Torino il numero uno di OpenAI Sam Altman -, che aveva annunciato una collaborazione con OpenAI per fare in modo che i contenuti delle testate italiane potessero concorrere al grande database messo a disposizione per l’addestramento dell’intelligenza artificiale di ChatGPT, del suo motore di ricerca SearchGPT e di tutta una serie di servizi basati sulle tecnologie allo studio presso OpenAI stessa. All’indomani dell’annuncio della collaborazione (datato 24 settembre), il Garante della Privacy aveva già acceso un faro su questo accordo, estendendo la sua osservazione anche a RCS (la società editrice del Corriere della Sera), che aveva parlato di una collaborazione con OpenAI anche per le testate del suo gruppo. Nei giorni scorsi, il Garante si è spinto oltre: ha inviato, infatti, un avvertimento formale al Gruppo GEDI, con il quale intende fare chiarezza rispetto ai termini dell’accordo.

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Gedi-OpenAI: sull’accordo arriva l’avvertimento formale del Garante della Privacy

In effetti, da qualche tempo, GEDI e Garante stanno dialogando proprio sull’accordo (che – come vedremo in un altro articolo di questo monografico di oggi – non è ancora stato reso effettivo e operativo). L’autorità che ha sede a Piazza Venezia ha tuttavia avuto modo di comprendere, per sommi capi, in cosa questo accordo consisterà e quali saranno i materiali che il Gruppo GEDI metterà a disposizione dell’azienda di Sam Altman per lo sviluppo dei suoi prodotti basati sull’intelligenza artificiale generativa. Quando si parla di giornalismo, di racconto della realtà, di notizie di cronaca, non si parla soltanto di opinioni (dovremmo ribadirlo ancora una volta oggi, quando i social network stanno fagocitando – proprio in nome dell’opinione – quel che resta del giornalismo). Si parla, anzi, principalmente di fatti. Questi ultimi, a loro volta, partono dai dati personali delle persone protagoniste di quei fatti: nomi, cognomi, cariche ricoperte, a volte anche procedimenti giudiziari, per non parlare di tutta una serie di dati sensibili accessori.

Il Garante ritiene che un grande volume di dati personali, anche di natura particolare e di carattere giudiziario – se messo a disposizione di OpenAI – potrebbe rappresentare un problema sociale. In questo modo, infatti, sarebbe molto più difficile intervenire (ad esempio, rispondendo al diritto all’oblio) o – comunque – a rimuovere informazioni scorrette, non pertinenti, non collegate direttamente a eventi pubblici. Tutto questo, sempre secondo il Garante, starebbe avvenendo tra l’altro in maniera non trasparente rispetto ai diretti interessati, verso i quali il Gruppo GEDI non riuscirebbe a garantire quelle tutele previste dalle normative europee in materia di dati personali. Occorrerà comprendere, adesso, quali saranno gli sviluppi possibili della situazione: questo avvertimento formale basterà a interrompere la collaborazione tra GEDI e OpenAI oppure le darà una connotazione diversa? Le eccezioni del Garante della Privacy, inoltre, saranno efficacemente prese in considerazione quando si parla di tematiche etiche a proposito di giornalismo e intelligenza artificiale?

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