Gli effetti della limitazione dei contenuti politici su Instagram

In vista dei grandi appuntamenti elettorali, la strategia di Meta rischia di creare un enorme vuoto informativo

18/05/2024 di Redazione Giornalettismo

Siamo nel pieno dell’anno delle “grandi elezioni”. Dalle Europee alle Presidenziali Americane, solo per citare le due più importanti. E Meta, come spesso accade in queste occasioni, ha deciso di intraprendere delle azioni per procedere con la limitazione dei cosiddetti “contenuti politici” su Instagram, Facebook, e Threads. I singoli utenti, infatti, potranno decidere se visualizzare nel proprio feed (compresi i “consigliati”) post, reels e stories di questa natura. Qualora si decidesse di non vederli, nel feed solamente i contenuti politici di profili che già seguiamo. L’obiettivo è quello di limitare la disinformazione e le ingerenze, ma il rischio è quello di creare un ecosistema ancora peggiore, dando priorità a chi investe maggiormente nelle campagne di sponsorizzazione sui social.

Limitazione contenuti politici, le scelte di Instagram

Come detto, ogni utente potrà decidere se vedere i contenuti politici. Ma di cosa, nello specifico? «Sono creati da o per conto di o su un candidato a un incarico pubblico, un personaggio politico, un partito politico, un comitato di azione politica oppure sostengono l’esito di un’elezione a un incarico pubblico». Oppure, sono contenuti che «si riferiscono a un’elezione, un referendum o a un’iniziativa elettorale, comprese le campagne di informazione sulle elezioni o per ottenere voti», o ancora che «riguardano temi sociali del luogo in cui l’inserzione viene pubblicata». Praticamente l’intero ecosistema di un’agorà politica sui social viene limitato.

E questo rischia di avere ripercussioni anche sull’informazione. I giornali, infatti, già hanno preso la strada dei contenuti “soft news” da condividere su piattaforme come Instagram e Facebook. L’algoritmo, già prima dell’introduzione di questa limitazione, tende a premiare argomenti di dibattito su tematiche di gossip, sport e spettacolo. Il giornalismo “politico”, dunque, può soltanto contare sulla ricerca organica: da quella che arriva dai motori di ricerca alle visite dirette sulle homepage. È questa la soluzione giusta? Sicuramente no.

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