L’uomo morto per aver curato il cancro con il bicarbonato
24/10/2012 di Redazione
Morto a 27 anni dopo una terapia a base di bicarbonato di sodio per curare un tumore al cervello. Scrive l’Ansa che è quanto ha denunciato alla magistratura la famiglia di Luca O., un giovane catanese morto il 18 ottobre scorso in una clinica privata di Tirana dove era ricoverato “per sottoporsi alla terapia indicata dal medico Tullio Simoncini al di là di ogni medicina tradizionale”, spiega il legale della famiglia.
Tullio Simoncini è stato gia’ in passato al centro di casi di cronaca e si dice convinto che il cancro sia un fungo, che possa essere trattato con sistemi alternativi rispetto alle terapie tradizionali. Noi abbiamo parlato di lui e di quelli che lo sostengono in questo articolo:
Tullio Simoncini è un ex medico radiato dall’Ordine e condannato per frode e omicidio colposo. Il suo caso ha avuto una alta rilevanza mediatica perché è stato oggetto persino di un paio di servizi di Striscia la Notizia, firmati dal l’inviato Jimmy Ghione, in cui si parla di un medico radiato per aver usato il bicarbonato allo scopo di curare il cancro. La condanna per omicidio, scriveva all’epoca il Corriere della Sera, venne comminata: “per aver provocato la lacerazione dell’ intestino a un malato terminale. Sedici mesi, inoltre, l’ imputato dovrà scontarli per aver truffato due pazienti insieme al fratello Angelo, anch’ egli medico. Il giudice ha invece assolto Simoncini dall’ accusa di aver determinato la morte dei due malati raggirati, con la formula «perchè il fatto non sussiste». Sessantamila euro la provvisionale assegnata ai congiunti che si sono costituiti parti civili”.
I DUE PRECEDENTI – Ci sono due precedenti nella storia di Tullio Simoncini come medico che cura il cancro con il bicarbonato:
Il primo caso finito nell’ inchiesta del pm Giuseppe Andruzzi è quello di Massimo Civetta, uno degli ideatori di Radio Globo, ucciso a 34 anni da un carcinoma all’ intestino. Un tumore scoperto in ritardo, un calvario da un ospedale all’ altro finchè, raccontano Di Feo e Drogheo, legali dei familiari, «i medici alzarono le mani». Fu allora che i Civetta, disperati, si rivolsero a Simoncini. E l’oncologo, in cambio di 400 euro, tentò il miracolo: con un’ iniezione a base di bicarbonato di sodio, miscelato ad acqua, perforò la massa tumorale. L’ effetto non fu quello sperato: la sera dopo, 8 febbraio 2002, il giovane morì con l’ intestino perforato, tra dolori lancinanti. «Anche la consulenza della procura – spiega il difensore del medico, l’ avvocato Cesare Piraino – non ha escluso che la lacerazione sia stata prodotta dal cancro. Purtroppo a Civetta restavano pochissimi giorni di vita, c’ era un’ emorragia in corso fin dal 6 febbraio. I nostri consulenti hanno sostenuto che era impossibile perforare l’ ansa intestinale con l’ ago utilizzato da Simoncini, un ago di tipo comune, acquistato in farmacia, lungo soltanto tre centimetri».
E spiega:
Poco tempo dopo, le altre due vittime: Maria Grazia Canegrati, di Milano, uccisa il 1° marzo 2002 da un adenocarcinoma, e Grazia Cicciari, di Milazzo, morta il successivo 15 novembre per un tumore ai polmoni. Sono i due casi che hanno fatto guadagnare a Simoncini l’ assoluzione dall’ accusa di omicidio colposo, ma il giudice ha condannato il medico, insieme al fratello, per truffa aggravata. La perizia collegiale, secondo l’ avvocato Piraino, «ha escluso che la cura abbia determinato il decesso delle pazienti», ma ciascuna di loro ha speso circa 7.500 euro per l’ inutile cocktail di acqua e bicarbonato somministrato nella clinica «Madonna della fiducia», all’ Appio, dove Simoncini faceva ricoverare i malati terminali che si affidavano alle sue mani.
LA STORIA DI LUCA – Il giovane Luca, cui nel giugno scorso era stato diagnosticato un tumore al cervello, viene accompagnato a Tirana dai suoi genitori. In Italia, infatti, la pratica seguita da Simoncini è vietata. Ai famigliari viene detto dallo specialista – si legge nella denuncia depositata sia a Tirana che presso la Procura della Repubblica di Roma – che attraverso la terapia a base di bicarbonato di sodio “le possibilita’ di sconfiggere il tumore erano del 70% a fronte di un rischio clinico di trombosi e infezione di circa il 2%” Prezzo della prestazione, da corrispondere in contanti – e’ scritto nella denuncia – ’20mila euro’.
LE PRIME SETTE FIALE DI BICARBONATO – Dopo le prime sette fiale di bicarbonato – si legge ancora nella denuncia – Luca comincia a rimettere e ad avvertire forti mal di testa che convincono Simoncini a sospendere la terapia che sarebbe stata ripresa dopo due giorni. Poco dopo l’infusione della restante terapia a base di bicarbonato, il giovane ha accusato gli stessi disturbi di due giorni prima, aggravati dall’insorgere di violenti spasmi muscolari. A quel punto un medico albanese decide autonomamente di somministrare una flebo di valium. Le condizioni di Luca, pero’, precipitano e viene trasferito nel vicino ospedale “Madre Teresa” dove muore dopo pochi minuti. La vicenda e’ ora all’esame della Procura di Roma, che ha aperto un fascicolo sulla morte del giovane: domani la Procura di Catania, su delega di quella della Capitale, conferirà l’incarico per l’autopsia. ‘E’una storia allucinante – dice Francesco Lauri, avvocato della famiglia – in cui una terapia del tutto sprovvista di validita’ scientifica a livello nazionale, viene praticata – dietro preventivo pagamento di 20mila euro – irresponsabilmente in strutture non in grado di affrontare un’emergenza. Ci auguriamo che le autorità albanese conducano le appropriate indagini in parallelo con la Procura di Roma”:
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