Come la politica è riuscita a peggiorare il (già) pessimo Piracy Shield

Dopo l'approvazione del Senato, è arrivata anche quella alla Camera. Sempre con il ricorso al voto di fiducia al decreto Omnibus

04/10/2024 di Enzo Boldi

Era piuttosto ovvio: con il ricorso – per l’ennesima volta dall’inizio della legislatura – al “voto di fiducia” al cosiddetto “decreto Omnibus” i due emendamenti che andranno a modificare l’impianto del nuovo Piracy Shield sono diventati legge. Dopo il Senato, anche la Camera ha approvato questi cambiamenti che, come abbiamo già spiegato la scorsa settimana, sembrano essere scritti da persone (in questo caso politici) che conoscono molto poco il funzionamento di internet. È stato raggiunto, dunque, il punto di non ritorno.

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E mentre il calcio italiano sembra ancora non essere soddisfatto, puntando il mirino (non si sa in che modo) anche contro i sistemi di pagamento, quel che accadrà d’ora in avanti rappresenta un enorme peggioramento di una normativa già pessima. Ovviamente, come abbiamo sempre ribadito, la lotta alla pirateria e la difesa del copyright è legittima e sacrosanta. Ma sono le modalità con cui si combatte questa battaglia a essere completamente fuori dal contesto del funzionamento della rete e del web.

Nuovo Piracy Shield è legge, cosa cambia

Ma cosa cambia con il nuovo Piracy Shield? Le novità sono scritte all’interno degli articoli 6-bis e 6-ter del testo del decreto Omnibus approvato poche ore fa dalla Camera dei deputati. Si parte subito con il “botto”: a essere bloccati non saranno più solamente gli IP utilizzati «univocamente destinati ad attività illecite», ma anche quelli usati «prevalentemente». Dunque, si tratta di un raggio d’azione molto più ampio, con la possibilità (che in realtà è accaduta già in passato) di colpire IP su cui “insistono” (perché su ogni Internet Protocol possono essere presenti più server virtuali) anche siti e portali che non hanno nulla a che vedere con la pirateria audio-visiva legata al mondo del calcio. Anche perché, il concetto di prevalente è privo di senso, dunque il rischio (l’obiettivo?) è quello di colpire tutti gli IP. Anche quelli su cui “in prevalenza” non vengono commessi illeciti.

Scorrendo lungo il testo, un’altra modifica sostanziale è rappresentata “dall’ipotesi di sospetto”. Detto che – stando alla legge – diventa obbligatoria l’adesione al Piracy Shield anche per i fornitori di servizi VPN e DNS (a prescindere dalla loro localizzazione), anche per loro sarà obbligatorio rimuovere gli IP “sospetti” entro 30 minuti dalla segnalazione. E dovranno anche nominare un rappresentante legale – persona fisica o giuridica – in Italia (per coloro i quali hanno sede fuori dai confini UE).

Inoltre, non esistono più limiti (numerici) di blocco, ma gli IP potranno essere riabilitati dopo almeno sei mesi. In che modo? Qualora non abbiano realmente ospitato contenuti illeciti. Ma l’onere della prova di “innocenza” è a carico della vittima del provvedimento e non dell’Autorità che ha disposto il blocco. Ecco come si è riusciti a peggiorare una legge già pessima.

 

 

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