La questione “parity rate” che sarà abolita da Booking dal 1° luglio

Questa novità, per uniformarsi al Digital Markets Act, non avrà riflessi sull'Italia dove questo concetto di "parità di tariffa" è stato cancellato nel 2017

27/06/2024 di Enzo Boldi

Una grande novità per il settore alberghiero europeo sta per diventare realtà, ma non per l’Italia. Questa volta, però, il nostro Paese non vedrà le differenze non perché in “ritardo” rispetto agli altri, ma per aver giocato d’anticipo. Dal prossimo 1° luglio, infatti, Booking in Europa cancellerà quella clausola denominata “parity rate”, ovvero quella “condizione” che obbligava le strutture alberghiere a uniformare le offerte su tutte le piattaforme (canale diretto, OTA, intermediari e aggregatori) di prenotazione. Quindi, se sul sito ufficiale dell’hotel una camera costava 100 euro, anche su Booking (e sulle altre utilizzate dalla stessa struttura) doveva costare lo stesso prezzo. Senza poter aumentare il prezzo per “coprire” il costo delle commissioni da versare alle suddette piattaforme esterne.

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L’Italia, a differenza di molti altri Stati europei, era già intervenuta sul tema. Addirittura nel 2017, quando l’allora governo Gentiloni inserì all’interno del ddl Concorrenza la cancellazione della clausola “Parity rate”, permettendo agli albergatori di diversificate l’offerta in base alla piattaforma di riferimento. Il motivo di questa scelta – avveniristica rispetto agli altri – era piuttosto evidente: si permetteva (ed è così ancora) agli imprenditori del settore turistico di decidere un prezzo minore per la prenotazione delle camere attraverso i propri canali diretti, aumentando la concorrenza a discapito di operatori esterni (OTA) a cui è “costretto” a pagare una commissione.

Parity rate, anche Booking si adegua alla norma europea

E ora, almeno per quel che riguarda Booking, quella mossa italiana diventerà europea. Nel maggio scorso, la Commissione Europea ha designato la piattaforma (che è la più utilizzata a livello continentale) come “gatekeeper” ai sensi del Digital Markets Act. Dunque, rientra nel novero di quelle che devono rispettare i paletti più vincolanti della legge sui mercati digitali nel Vecchio Continente. E oltre ai princìpi di trasparenza, dovrà rispettare anche quelle regole relative alla concorrenza sul mercato. Dunque, non potrà più avvalersi della clausola che – di fatto – annientava la concorrenza tra canali diretti e OTA.

Perché solo ora? Inizialmente, Booking non era stata inserita all’interno dell’elenco dei gatekeeper a causa della flessione di mercato registrate negli scorsi anni per colpa della pandemia e delle susseguenti limitazioni agli spostamenti. Dunque, un numero molto più limitato – rispetto al solito – di utenti ha utilizzato la piattaforma per prenotare un viaggio o un alloggio, provocando un effetto negativo sul volume d’affari. Ora però, il valore economico (oltre al numero medio di utenti mensili in Europa) è tornato a livelli pre-pandemici e, in alcune occasioni, lo ha anche superato. Da qui l’entrata in vigore dei paletti del DMA e la fine della clausola sulla “parità di tariffa”. Ora gli albergatori potranno, in tutta Europa, decidere un prezzo d’offerta sui propri canali diretti e un’altro su Booking.

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