Google ha veramente un ruolo nella diffusione della pirateria?

L'amministratore delegato della Lega di Serie A, Luigi De Siervo, ha più volte puntato il dito contro i motori di ricerca. Ma è veramente così?

23/09/2024 di Enzo Boldi

Si è puntato il dito contro i motori di ricerca, ma sembra che il mirino sia stato puntato sull’obiettivo sbagliato. Nella lotta senza quartieri alla pirateria informatica di contenuti audiovisivi, l’amministratore delegato della Lega di Serie A – Luigi De Siervo – nei giorni scorsi ha parlato del ruolo di Google (e similari) e della complicità nella diffusione di portali e piattaforme che trasmettono illegalmente le partite del massimo campionato di calcio italiano. Ma è davvero così?

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A margine di un evento in cui si parlava di sport e cyber security, l’ad della Serie A è tornato a puntare il dito contro un obiettivo già indicato in passato:

«Il calcio moderno si mantiene sulla forza di vendere le partite. Stiamo aggredendo anche i motori di ricerca che per certi versi sono complici. Ci sono, ripeto, 300 milioni di euro di mancati introiti, ovvero il 30 per cento del valore dei diritti tv. Il calcio così viene ucciso, perché non ci sono più i mecenati di una volta che perdono soldi, viene speso quello che entra in cassa: abbiamo il calcio che meritiamo e questo sistema parassitario che non paga per vedere le gare va fatto saltare. Sennò salta il calcio. O noi o loro». 

Dunque, secondo De Siervo i motori di ricerca sono parte del problema e, addirittura, vengono indicati come “complici” di questo sistema che penalizza il calcio italiano attraverso la diffusione della pirateria audiovisiva. Ma è veramente così?

Pirateria su Google, il ruolo dei motori di ricerca

Provando a utilizzare sia Google sia altri motori di ricerca, questo assunto/accusa sembra poter decadere. Anche utilizzando delle query specifiche, i risultati mostrati non rappresentano un percorso utile all’utente per collegarsi a piattaforme che diffondono illegalmente contenuti protetti da diritto d’autore. Sì, ovviamente incontriamo titoli “civetta” in cui si annunciano soluzioni per guardare gratuitamente (o quasi) le partite di Serie A, ma in realtà si tratta di pagine in cui non vi è alcun collegamento diretto né una reale spiegazione tecnica su come raggiungere quelle piattaforme.

Dunque, i motori di ricerca non sembrano avere questa grande complicità con la pirateria. E per quel che riguarda Google, già in passato sono state prese decisioni – proprio su segnalazione della Lega di Serie A – per la rimozione dal Play Store di app che promettevano di far guardare tutto il campionato gratuitamente o a un costo di gran lunga inferiore rispetto a Dazn. Quelle che sono attualmente presenti nello store digitale per Android sono come gli articoli civetta: hanno un nome specifico, ma non consentono di usufruire di quei contenuti “promessi”.

Il ruolo di Telegram

Fa molto sorridere che si sia fatto riferimento a Google e ai motori di ricerca, ma non a soluzioni/app/servizi che sono notoriamente utilizzati per diffondere materiale coperto da Copyright (nella migliore delle ipotesi). Parliamo, per esempio, di Telegram, dove ci sono canali dedicati alla condivisione di link per seguire la Serie A – e non solo – pagando un piccolo abbonamento. Insomma, collegamenti alle IPT illegali e modi per acquistare e utilizzare il pezzotto. Basti pensare a quel che accadde nel marzo scorso in Spagna, con il blocco di Telegram proprio per via della pirateria. Ma nei discorsi italiani, la piattaforma/app di Pavel Durov non viene mai citata. Almeno da chi ha dei ruoli apicali.

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