Il report che dice che Elon Musk ha interferito sulle Presidenziali USA grazie a X

Il Center for Countering Digital Hate ha dimostrato come i messaggi politici di Elon Musk abbiano il doppio della rilevanza di tutti gli altri annunci politici pubblicati sulla piattaforma X

05/11/2024 di Gianmichele Laino

Dapprima un “semplice” influencer, poi l’ago della bilancia fondamentale per la diffusione dei messaggi politici di Donald Trump su X. Elon Musk ha sbaragliato completamente la concorrenza sulla propria piattaforma (in un concetto che si avvicina moltissimo a quello che faceva, durante le campagne elettorali, Silvio Berlusconi con le proprie televisioni commerciali), pubblicando post su X che hanno due volta la visibilità degli interi annunci politici che sono stati diffusi attraverso il social network nel corso di questa campagna per le presidenziali Usa 2024. Lo ha certificato il Center for Countering Digital Hate, che in un report ha analizzato la comunicazione del fondatore di Tesla e del proprietario di X da quando ha espresso il suo supporto incondizionato al candidato Donald Trump.

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Post politici di Elon Musk su X: il loro peso specifico per le presidenziali Usa 2024

Il tutto sempre condito da qualche affermazione più che dubbia e da qualche ricondivisione che ha fatto accapponare la pelle a chi cerca di utilizzare argomentazioni fattuali per risalire alla verità degli accadimenti. I post politici di Elon Musk hanno totalizzato 17,1 miliardi di visualizzazioni dal mese di luglio (ovvero il mese dell’endorsement): si tratta, come detto, di un dato di oltre due volte superiore alle visualizzazioni di tutti gli “annunci di campagne politiche” degli Stati Uniti che X ha registrato nel suo dataset, nello stesso periodo di riferimento.

Sempre il Center for Countering Digital Hate stima che pubblicare annunci da 17,1 miliardi di visualizzazioni in circa quattro mesi e mezzo costerebbe 24 milioni di dollari, una cifra colossale per una singola piattaforma di social networking. Insomma, quello che Musk ha fatto gratis per Trump (del resto, lui è proprietario della piattaforma e lui ne detta le regole) nessun altro avrebbe potuto farlo. Ed è anche per questo motivo che l’ex presidente americano, contro i suoi interessi imprenditoriali collegati alla piattaforma Truth Social, ha deciso di tornare su X dopo i fatti del 6 gennaio 2021 (quando – per l’incitamento alla rivolta del Campidoglio – era stato bannato da tutti i social network).

I dati sui costi di una CPM come quella di Musk (17,1 miliardi di visualizzazioni per un totale di circa 746 post) dicono che, appunto, sarebbero serviti oltre 24 milioni di dollari. Si deve considerare, infatti, che nello stesso periodo di tempo in annunci politici sono stati spesi, complessivamente, oltre 10 milioni di dollari su X, con una CPM che si aggira intorno a 1,39 dollari per mille visualizzazioni.

Rischio disinformazione

Il problema è che spesso, almeno in 87 post, Elon Musk ha condiviso delle informazioni scorrette, che i fact checker hanno giudicato come esagerate, false o fuori contesto. Questo ci fa capire come si sia dato ampio spazio in campagna elettorale a dei messaggi che non sempre fotografano la realtà e che, tuttavia, hanno una significativa incidenza sull’audience. Esempi di post falsi o fuorvianti di Musk includono quello in cui si parla di «Aumenti a tre cifre di immigrati clandestini negli stati indecisi negli ultimi 4 anni. Importazione di elettori su scala senza precedenti!» (per un totale di 21 milioni di visualizzazioni) e «Se la grande macchina governativa del Partito Democratico vincesse queste elezioni, vieterebbe l’identificazione degli elettori in tutto il paese, non solo in California» (ben 11,9 milioni di visualizzazioni).

Fuori dall’analisi – che si ferma al 23 ottobre scorso – si deve considerare anche la condivisione fatta da Musk proprio nella notte che precede il voto del 5 novembre:

Il numero uno di X ha deciso di condividere e di dare ampio spazio a un video realizzato in ambienti di QAnon, il gruppo complottista di estrema destra che non ha mai fatto mistero di appoggiare Donald Trump. Una dichiarazione esplicita, insomma, dei danni che strumenti potenti come i social network possono fare se messi nelle mani di chi ha il loro totale controllo.

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