Che ne farà Apple dei nostri dati personali, dopo aver sdoganato Apple Intelligence?

Si pone una questione legata alla privacy dopo il lancio delle ultime novità relative al settore dell'AI e all'accordo tra Cupertino e OpenAI

11/06/2024 di Gianmichele Laino

Ogni volta che si parla di intelligenza artificiale, si pone la questione dei dati personali necessari all’addestramento degli strumenti di AI. Ovviamente ne abbiamo parlato per ChatGPT, il prodotto di OpenAI, che – tuttavia – presuppone la consapevolezza dell’utente che se ne serve e che informa lo stesso in merito alle azioni che vengono eseguite ogni qualvolta si faccia una domanda a ChatGPT. Ne abbiamo parlato quando abbiamo raccontato della storia di Scarlett Johansson e della voce di uno dei prossimi assistenti virtuali del prodotto di OpenAI così simile a quella dell’attrice, delle sue proteste che hanno portato Sam Altman a fare marcia indietro su quella stessa voce. Ne abbiamo parlato quando abbiamo messo in evidenza tutte le proteste di chi crea contenuto per le presunte violazioni del copyright. Dobbiamo parlarne – a maggior ragione – dopo l’annuncio fatto da Apple durante il WWDC 2024: l’azienda di Cupertino, infatti, è pronta a utilizzare Apple Intelligence sui dispositivi degli utenti, in seguito a un accordo con OpenAI che potenzierà di molto Siri (grazie ai codici di ChatGPT). Se, infatti, Apple Intelligence sarà una impostazione di default su tutti i device della mela morsicata, è molto probabile – si sono chiesti gli osservatori – che questa cosa possa andare a impattare sull’intero ecosistema del device stesso, dai contatti alle app.

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Privacy Apple Intelligence, la questione è stata affrontata anche da Cupertino

Apple ha studiato in questo modo la mossa sulla privacy: innanzitutto, i dati degli utenti che verranno utilizzati dall’intelligenza artificiale saranno archiviati on-device. Nel caso di richieste più significative e di elaborazione di quantitativi di dati con molto più effort, Apple metterà a disposizione su server esterni il cosiddettio Private Cloud Compute. Le richieste basate sull’AI, dunque, potranno essere soddisfatte sia se il database si trova sul device (quindi con una minore elaborazione di dati), sia se il database si trova su server con chip Apple, dai quali Private Cloud Compute attingerà – comunque – solo ai dati necessari. I dati sui server, dopo che hanno espletato il loro compito, non verranno in alcun modo archiviati da Apple.

«Questa sicurezza parte dal Secure Enclave – spiega Apple -, che protegge le chiavi di crittografia fondamentali sul server, proprio come fa sull’iPhone di qualsiasi utente, mentre Secure Boot assicura che il sistema operativo del server sia firmato e verificato, come in iOS. Trusted Execution Monitor assicura che venga eseguito solo codice verificato e firmato, mentre l’attestazione permette al dispositivo di verificare in modo sicuro l’identità e la configurazione di un cluster di Private Cloud Compute prima di inviare la richiesta». In ogni caso, tutto il dataset e tutto il sistema sarà a disposizione di osservatori esterni che potranno garantire gli standard di sicurezza e di privacy dei modelli di AI impiegati dall’azienda di Cupertino.

Insomma, in questo modo Apple sta provando a fornire delle risposte a tutti coloro che saranno preoccupati da quanto il sistema di Apple Intelligence potrà interagire con i dati presenti all’interno del dispositivo. Il tutto si inserisce anche in nuovi concetti di riservatezza che saranno alla base dei successivi sistemi operativi che Apple metterà a disposizione da questo momento in poi: con iOS 18, ad esempio, ci sarà la possibilità di nascondere alcune app e di poterle sbloccare attraverso il riconoscimento facciale. Ma questo, ovviamente, esula dalle dinamiche di utilizzo dell’AI di Apple e dalle preoccupazioni a questo proposito.

Il problema, infatti, non sembra essere Apple: garantire il funzionamento di Apple Intelligence attraverso richieste on-device e, in caso di elaborazioni più complesse, su server di fatto schermati mette sicuramente al riparo dall’utilizzo dei dati da parte di Apple stessa. Non dobbiamo dimenticare, però, che l’implementazione di Apple Intelligence è avvenuta grazie a un accordo con OpenAI. Le richieste su server, sebbene anonimizzate, passeranno su ChatGPT che, quindi, le avrà a disposizione per allenare il suo modello. Dunque, il nodo della questione resta OpenAI e la sua trasparenza: in questo momento, Apple è una sorta di intermediario di un servizio che, in realtà, viene erogato dall’azienda di Sam Altman. Apple, insomma, può garantire per sé, ma non per l’azienda con cui ha fatto l’accordo.

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