A che punto siamo con la privatizzazione di Poste italiane?

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il DPCM dedicato. Nei giorni scorsi è stata aperta la vendita delle azioni (il 15%) ai piccoli azionisti

01/10/2024 di Enzo Boldi

Al di là della retorica politica, nei giorni scorsi il governo ha fatto un enorme passo in avanti verso la privatizzazione di Poste Italiane. L’azienda, infatti, da anni è al centro del dibattito sul suo status “pubblico”, ma ora siamo vicinissimi alla vendita di una cospicua parte delle quote azionarie attualmente nelle mani dello Stato. Tutto è certificato da un DPCM approvato in Consiglio dei Ministri e dalla ricerca di un advisor per aprire le porte agli investimenti dei piccoli risparmiatori.

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«No alla privatizzazione di Poste Italiane: per Fratelli d’Italia è un gioiello che deve rimanere in mano italiana e pubblica, è un presidio di legalità e di presenza dello Stato. Ci batteremo in tutti i modi possibili per evitarne la svendita». Era il lontano gennaio del 2018 quando l’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni pubblicò sui suoi canali social una card per definire la posizione del suo partito di fronte all’ipotesi della vendita delle quote azionarie dell’azienda a investitori privati. Ora, invece, la situazione è diametralmente cambiata e proprio quel partito che si opponeva alla vendita (insieme agli altri che fanno parte della stessa coalizione) ora è al governo e ha approvato in Consiglio dei Ministri il DPCM per procedere alla privatizzazione.

Privatizzazione Poste italiane, a che punto siamo?

Al netto della doppia faccia della politica, alla quale ormai siamo abituati, nel corso delle ultime settimane sono stati fatti grandi passi in avanti verso la privatizzazione dell’azienda che – attualmente – vede lo Stato come primo azionista. Questo lo schema con il profilo dell’azionariato dell’azienda.

La maggioranza delle azioni, al momento, sono in mani pubbliche. Il 35% a CDP (Cassa Depositi e Prestiti, che all’82% è di proprietà del MEF e al 15,93% di Fondazioni Bancarie), mentre il 29,26% è proprio del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Al netto delle azioni proprie (0,82%), dunque, quasi due terzi di Poste Italiane è riconducibile al settore pubblico. Ma il 23,08% è di proprietà di investitori istituzionali e il restante 11,85% fa riferimento a investitori individuali. Quindi, privati.

Il DPCM

Con il recente DPCM approvato in Consiglio dei Ministri, l’impegno è quello di far scendere – cercando investitori – quel quasi 65% di azioni di proprietà dello Stato a una quota di poco superiore dal 50%. Insomma, si manterrebbe la maggioranza, ma si tratta di una mossa propedeutica alla privatizzazione di Poste italiane. Inoltre, tra qualche settimana (il 14 o 21 ottobre) sarà dato il via alla vendita del 15% del capitale della società, con l’apertura ai piccoli risparmiatori che hanno un mese per completare l’operazione attraverso l’internet banking e la supervisione di un advisor.

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