La digitalizzazione del processo di reservation alberghiera

Quali sono i costi di commissione per le OTA o per i metamotori di prenotazione e quali sono i compromessi con cui i proprietari delle strutture scendono a patti

27/06/2024 di Gianmichele Laino

È cambiato il mondo delle prenotazioni alberghiere. Da qualche anno, anche in base alle tendenze che sono state individuate dagli osservatori accademici, i turisti si rivolgono direttamente alle strutture alberghiere stesse per bloccare il proprio soggiorno in struttura o – in alternativa – sfruttano i servizi messi a disposizione dagli OTA (Online Travel Agencies) per confrontare i prezzi più convenienti e decidere in un secondo momento quale soluzione adottare. Gli OTA, in modo particolare, hanno rivoluzionato il mercato, dal momento che offrono un’ampia visibilità alle strutture che se ne servono e dal momento che si dimostrano sempre molto smart nei sistemi di pagamento. Tuttavia, ci sono pro e contro che devono essere valutati, con il primo aspetto negativo che è il tratto comune dei grandi servizi che vengono digitalizzati dalle aziende Big Tech: la perdita del contatto diretto con il pubblico e l’individuazione di un mediatore terzo che, in qualche modo, diventa lui stesso “titolare” di quella fetta di audience.

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Reservation alberghiera digitale, quali sono i punti di forza (e quali i rischi per le strutture)

Come detto, il punto di forza di una OTA è sicuramente la visibilità che concede alla struttura: attraverso i filtri indicati dagli utenti, ma soprattutto attraverso algoritmi molto verticali, è in grado di restituire tra le proposte anche strutture di piccole dimensioni che, un tempo, scontavano un gap abbastanza importante con quelle radicate sul territorio e caratterizzate da importanti budget pubblicitari. È il famoso concetto di “democrazia del web” (poi completamente stravolto dal capitalismo digitale) che, almeno in teoria, offrirebbe pari opportunità a tutti gli attori che vi si affacciano. Il servizio di prenotazione integrato che mettono a disposizione, poi, consente anche ai proprietari delle strutture più amatoriali di poter gestire il soggiorno dell’ospite in maniera ordinata.

Booking, Expedia, Hotel.com, Agoda, AirBnB sono sicuramente le OTA più famose, anche se – con il tempo – non sono mancate le online travel agencies che si sono specializzate in un determinato settore (ad esempio Hostelworld per gli ostelli o le soluzioni low budget). Le OTA, invece, si differenziano dai metamotori di prenotazione, che aggregano le soluzioni e, in base a dei criteri selezionati dagli utenti, mostrano tra i risultati i siti ufficiali delle strutture alberghiere (come il sito web proprietario dell’hotel o della struttura turistica) e, allo stesso tempo, i prezzi delle OTA. Tra queste soluzioni possono essere annoverati Google, Kayak, Trivago e TripAdvisor.

Ma cosa cambia per il contatto diretto con le strutture d’ospitalità?

Per un gestore di un albergo o di una qualsiasi struttura ricettiva, il rapporto con le OTA è tuttavia molto oneroso. La visibilità e la facilità nell’impiego dei servizi viene compensata dal costo delle commissioni da versare alle online travel agencies: si parla di una cifra che oscilla tra il 15% e il 25% del prezzo della soluzione proposta dall’operatore turistico. Ad esempio, Booking propone commissioni tra il 15 e il 18%, mentre Expedia addebita tra il 12 e il 25%. Ma soluzioni customizzate – per spingere più in alto tra i risultati aggregati della ricerca le varie strutture che si rivolgono a una OTA – possono arrivare anche a una percentuale più alta sul prezzo della prenotazione.

Inoltre, i proprietari della struttura, spesso, devono fare i conti con importanti delay nella ricezione dei pagamenti da parte delle OTA: è a queste ultime, infatti, che il turista corrisponde la cifra che vede nell’interfaccia e sono sempre queste ultime che, dopo aver trattenuto la percentuale di commissione, girano la cifra restante al proprietario della struttura. Nell’autunno del 2023, ad esempio, Booking è stata al centro di importanti polemiche a livello internazionale (ne parlò, in un’inchiesta, anche il Guardian) per significativi ritardi (anche di diversi mesi) nel pagamento del compenso alle singole strutture alberghiere. Ancora oggi, in periodi di significativo aumento delle prenotazioni, Booking – che resta l’OTA più utilizzata in Italia – corrisponde i pagamenti ai gestori con giorni o settimane di delay rispetto all’effettiva prenotazione. E su questo, alcune associazioni (come Euroconsumatori) si sono mosse per vigilare sull’ecosistema.

Ritornando a quello che si diceva all’inizio, poi, occorre sottolineare come le OTA – da intermediari – riescano in qualche modo a mettere più di un livello di separazione tra le strutture alberghiere e i propri clienti, che difficilmente entreranno in contatto se non al momento della visita in struttura. E questo – soprattutto in Italia – caratterizza in negativo il rapporto albergatore/utente, spesso basato sul calore umano e sull’assistenza che il titolare di una struttura riesce a garantire. Per questo – nell’ultimo periodo – stanno nascendo delle soluzioni, come i famosi channel manager di cui parleremo in un altro punto del nostro monografico, che cercano di sollecitare il proprietario di una struttura ricettiva a riappropriarsi della propria clientela.

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