«Tutti i pezzi della filiera dell’innovazione devono fare sistema»

Abbiamo intervistato Stefano Soliano, Vicepresidente dell’Associazione InnovUP, già Direttore Generale di ComoNExT Innovation Hub, incubatore certificato nato nel comasco e che ora ha esteso in suoi confini a tutta Italia attraverso il progetto C.NEXT, di cui Soliano è Amministratore Delegato

04/07/2024 di Enzo Boldi

Una realtà partita dalla zona di Como e che, con il passare degli anni, è diventata una delle realtà più apprezzate da chi vuole fare impresa attraverso idee innovative. ComoNExT è un innovation hub che fa parte degli incubatori certificati in Italia nato da un’idea della Camera di Commercio di Como che nel corso degli anni ha visto passare davanti ai suoi occhi moltissimi progetti innovativi gestiti da Stefano Soliano (Vice Presidente dell’Associazione InnovUp). 

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Giornalettismo lo ha intervistato per avere da lui, in quanto “attore protagonista” nel mondo degli incubatori d’impresa in Italia, una visione di quale sia la situazione nel nostro Paese. E lo ha fatto partendo dall’analisi dell’ecosistema nostrano che non sembra essere propriamente “affascinato” dalle startup innovative: «Le startup necessitano di un sistema in grado di accoglierle e di supportarle per una crescita piuttosto rapida, che non significa solo capitale, ma anche per quel che riguarda le modalità con cui vengono costituite, con cui vengono trattate dalle istituzioni, dal punto di vista burocratico e da tutto il sistema economico più in generale. Questo è un problema perché il nostro Paese non è particolarmente friendly nei confronti delle startup. Io potrei sembrare di parte, ma ritengo che il ruolo di un acceleratore o di un incubatore sia importantissimo, perché rappresenta un reale supporto e sostegno allo sviluppo della nuova imprenditoria».

Stefano Soliano, il ruolo degli incubatori certificati

Per farlo, però, occorre seguire un indirizzo ben preciso, che Stefano Soliano persegue quotidianamente nella sua attività di Vice Presidente di InnovUp e oggi di AD di C.NEXT, la società nata per sviluppare il modello messo a punto a Lomazzo, su tutto il territorio nazionale: «Il tema del sistema è fondamentale; il nostro è un Paese che a causa di campanilismi e fazioni fa molta fatica a fare sistema, nel senso che è un Paese fatto di campanilismi e fazioni, mentre per lo sviluppo di una nuova impresa i pezzi della filiera dell’innovazione devono essere sintonizzati tra di loro integrati. Devono essere utili gli uni agli altri. L’innovazione deve essere considerata una filiera vera e propria e non un comparto a supporto di altri».

Un’unità di intenti e un’azione coordinata per far sì che tutti i piccoli pezzi possano essere utili per creare un mosaico di successo: «Parlo di filiera perché ci sono le idee che rappresentano le materie prime, poi ci sono i processi di trasformazione che sono gli incubatori e gli acceleratori. Il fare sistema vuol dire un’integrazione tra tutti i corpi intermedi: le imprese, le università, gli acceleratori e gli incubatori. Tutti soggetti che fanno parte – e che hanno un interesse economico – dello sviluppo del Paese». E gli Atenei possono avere un ruolo fondamentale in questa attività di sviluppo: «Sono i punti di miglioramento delle idee, anche dal punto di vista scientifico, dove c’è il mondo delle imprese che non può non considerare le startup e la nuova imprenditoria come uno degli oggetti, uno dei punti dove investire anche i propri capitali e cercare traiettorie di innovazione». 

La rigenerazione degli spazi

Soliano è molto attento a un tema fondamentale (che, tra l’altro, fa parte dei requisiti che un incubatore d’impresa deve rispettare per ottenere la certificazione), ovvero quello della rigenerazione e riqualificazione degli spazi per la trasformazione in luoghi utili allo sviluppo iniziale delle startup innovative. Anche se si tratta di un requisito vincolante, non sembra esserci un grande supporto da parte del settore pubblico: «Il supporto possiamo definirlo “relativo”. Nel senso che non è sistemico, quindi è molto legato ai singoli territori che hanno da risolvere delle tematiche e delle problematiche legate alla rigenerazione urbana. Spesso questi luoghi sono vecchie fabbriche abbandonate, ma ce ne sono altri come, per esempio, scuole o caserme dismesse. Si tratta di siti abbandonati che devono essere rigenerati per non produrre degrado sui territori. Questa è un’occasione importante ed è evidente che per rimettere in sesto spazi come questi servono capitali importanti. Sarebbero auspicabili delle misure pubbliche dedicate».

Per fortuna, questo “disinteresse” non è diffuso a livello capillare in tutto il Paese: «Ovviamente – prosegue Soliano -, ci sono dei territori in cui le amministrazioni locali sono sensibili a questi temi e si fanno carico delle riqualificazioni e delle rigenerazioni. In altri territori, però, questo non succede. Il motivo è semplice: non c’è una regola e quindi non c’è un tema sistemico che ci porta a dire che nel Paese questa cosa succede. Ovviamente, ogni tanto vengono pubblicati dei bandi con dei contributi, però sono delle misure abbastanza spot, e non strutturali. Dal mio punto di vista questo è uno dei temi che andrebbe affrontato dal Pubblico perché, se io riesco a innestare innovazione su un territorio, innesto di conseguenza anche crescita economica e sociale su quel territorio».  

Il modello da seguire

La grande esperienza di Stefano Soliano nel settore dell’innovazione attraverso incubatori certificati ci ha portato a chiudere quest’intervista con una domanda più personale: di ciò che ha costruito nella sua carriera, qual è la cosa che lo rende più fiero? «È l’essere riuscito a costruire la NExT Innovation®, un modello molto particolare di technology transfer che parte dalla messa a fattor comune dalle competenze di imprese, startup, imprese innovative, ricerca universitaria e che vede C.NEXT sui territori come metaorganizzatore di sistema. C.NEXT porta questo modello, che è un po’ una replica di questo sistema in giro per l’Italia. Oggi andiamo a rispondere in questo modo alla necessità di innovazione delle corporate e delle PMI attraverso le competenze di altre imprese e del mondo della ricerca e dell’università. Ciò avviene attraverso la collaborazione attiva tra le oltre 150 aziende che in questo momento fanno parte del nostro network. È un aspetto molto interessante perché non è lasciato al caso: non è solo una buona idea, una buona volontà, ma è proprio un modello vero e proprio, un modello contrattuale, un insieme di regole basate su fiducia, trasparenza e, soprattutto, competenze. Next Innovation® è la cosa di cui vado effettivamente più fiero perché funziona bene e ci è stato chiesto che venga replicata in altri territori al di là del comasco da cui è partito. Oggi siamo a Ivrea, ad Ascoli Piceno, a Novara, saremo nel nord Milano ad Arese, nell’area della vecchia Alfa Romeo. Il progetto favorisce da una parte la rigenerazione urbana e dall’altra lo sviluppo economico e sociale del territorio».

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