I dispositivi come arma: i precedenti

Il Mossad, in passato, ha utilizzato i telefoni come arma per attacchi mirati. Ora sembra che Israele abbia puntato sui cercapersone

18/09/2024 di Enzo Boldi

Ieri sono stati i dispositivi cercapersone (pager). Anni fa furono utilizzati i telefoni come bombe. Sempre da parte dell’intelligence israeliana. I device, infatti, hanno avuto – ed evidentemente lo hanno ancora – un ruolo fondamentale negli attacchi mirati. Quel che sembra essere successo martedì pomeriggio agli esponenti di Hezbollah in Libano e Siria non è altro che un altro tassello di una dinamica che abbiamo già visto nel corso della storia recente.

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In attesa di capire le responsabilità e, soprattutto, se si sia trattato di un evoluto attacco informatico o di una manomissione fisica dei dispositivi cercapersone (con l’inserimento di micro-cariche esplosive all’interno dei pager), facciamo due piccolo passi indietro che raccontano di come azioni simili siano state condotte dai servizi segreti di Israele nei confronti di esponenti palestinesi che si erano macchiati di azioni terroristiche nei confronti degli israeliani.

Telefoni come bombe, i precedenti

La prima volta che troviamo i telefoni utilizzati come arma risale addirittura al 1972. Erano i mesi successivi ai Giochi Olimpici estivi di Monaco di Baviera, teatro di una delle più efferate stragi di quel periodo le cui tensioni continuano a riflettersi anche al giorno d’oggi. Un vero e proprio massacro condotto da un’organizzazione terroristica palestinese nella notte tra il 5 e il 6 settembre di quell’anno, con l’uccisione di 11 atleti israeliani (due freddati immediatamente, gli altri nove nel corso del tentativo di irruzione e liberazione da parte delle forze dell’ordine tedesche).

Un’azione terroristica, con il sangue che ha chiamato altro sangue, con tensioni sempre più elevate. Il Mossad, infatti, nel dicembre del 1972 prese di mira Mahmud Hamshari, uno dei rappresentanti dell’OLP in Francia. Lui non faceva parte del commando di Monaco di Baviera, ma fu ritenuto responsabile della propaganda anti-Israele in quegli anni. Il Mossad utilizzò un proprio agente che si finse giornalista che intercettò Hamshari per realizzare un’intervista. Si trattò, però, di un tranello. Una volta uscito di casa, infatti, altri agenti entrarono nella casa parigina dell’uomo installando una carica esplosiva all’interno del telefono. Una volta rientrato a casa, lo stesso Hamshari rispose al telefono: dall’altra parte della cornetta c’era proprio il finto giornalista che diede il via libera all’esplosione – a distanza – del dispositivo. Il rappresentante dell’OLP in Francia morì dopo un mese a seguito delle profonde ferite provocate da quell’esplosione.

Qualche anno dopo, una dinamica simile ma con caratteristiche differenti. Questa volta non era il Mossad, ma lo Shin Bet che uccise Yahya Ayyash, ingegnere palestinese accusato di essere la mente di molti attacchi kamikaze e preparatore di ordigni esplosivi che caratterizzarono la guerra perpetua tra Israele e Palestina negli anni ’90. Era il 1996 quando uno zio dell’uomo palestinese aiutò l’intelligence israeliana consegnando al nipote un telefono cellulare al cui interno era stata posizionata una carica esplosiva che brillò una volta che i servizi segreti riuscirono a confermare la sua identità.

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