Cosa resterà di TIM?

La cessione della rete fissa è solo uno dei piano per un futuro che risponderà ad altre esigenze strutturali dell'azienda

02/07/2024 di Enzo Boldi

Un tempo si chiamava SIP. Poi, dal 1994, la denominazione è cambiata in Telecom Italia fino ad arrivare all’odierna TIM (acronimo di Telecom Italia Mobile). Le sue fondamenta, fin dalla sua nascita a Torino nel 1964 quando faceva parte del gruppo IRI, erano rappresentate dalla rete fissa. Oggi, però, quel paradigma avviato esattamente 60 anni fa è mutato. Così come è cambiato il mercato delle telecomunicazioni. E adesso, quale sarà il futuro di quella che per anni è stata l’azienda leader nel settore delle telecomunicazioni in Italia?

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Nei nostri precedenti approfondimenti, oltre a parlare dei “dettagli” di questo passaggio di NetCo (il ramo aziendale dedicato alla rete fissa nel nostro Paese) al consorzio guidato all’organizzazione internazionale americana di private equity KKR, abbiamo sottolineato come – almeno per il momento – Tim abbia lasciato da leader del mercato della rete fissa. Dei 37mila dipendenti totali, quasi 20mila proseguiranno il loro lavoro nella nuova realtà FiberCop, mentre i restanti 17mila continueranno a lavorare all’interno della stessa azienda (che, però, cambierà le proprie sedi operative dopo aver lasciato la direzione generale romana di Corso d’Italia 41).

TIM e i piani per il futuro dell’azienda in Italia

A livello strategico, TIM non avrà più nulla a che fare con la rete fissa. Il suo business proseguirà seguendo altre strade, molte delle quali sono già state aperte diversi anni fa, ma con uno sviluppo limitato nel corso dell’ultimo periodo a causa dell’elevato indebitamento finanziario accumulato dall’azienda. Questa operazione commerciale, infatti, consentirà di avere una maggiore liquidità negli investimenti e anche una più elevata flessibilità. Rimarranno in piedi – e saranno il cuore del rinnovato business plan – il settore legato alla rete mobile (di cui è ancora leader, ma tallonata dalla concorrenza) e tutta la parte commerciale per quel che riguarda il servizio internet non da rete fissa.

Quindi, parliamo dei servizi destinati alle famiglie e alle Piccole e Medie Imprese (PMI) a cui si aggiunge anche il ramo aziendale già operativo TIM Enterprise con la gestione dei servizi di connettività, cloud e sicurezza informatica anche per le grandi aziende. Inoltre, non saranno dismessi (anzi, dovrebbero essere potenziali) gli interessi commerciali in Brasile, con il rafforzamento della presenza di Tim Brazil.

Altri pezzi in vendita o nuove acquisizioni?

Dopo aver ultimato il passaggio al consorzio guidato da KKR, l’azienda guidata dall’amministratore delegato Pietro Labriola potrebbe anche dismettere un altro impegno economico: Telecom Italia Sparkle, quel settore che si occupa dei cavi sottomarini, è da tempo nel mirino di molte aziende. Nelle ultime settimane, sembrerebbe essere incessante il pressing da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze e del fondo spagnolo di private equity Asterion. In passato, TIM aveva già rifiutato un’offerta da 650 milioni di euro fatta dal MEF, ma l’operazione potrebbe chiudersi per una cifra inferiore al miliardo (si parla di 800 milioni di euro).

E poi l’altro pezzetto di futuro. Perché dopo aver abbandonato la rete fissa, il settore delle telecomunicazioni da parte di TIM potrebbe offrire nuove soluzioni. Da mesi si parla di un interessamento per le rete mobile di Iliad, ma l’operazione sembra essere molto complicata: la compagnia francese è in ascesa sul mercato e potrebbe non essere interessata a essere inglobata all’interno di un’altra realtà. Resta sempre vivo, invece, il potenziale interesse verso PosteMobile.

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