La campagna di Trump sapeva già quando le ha diffuse che quelle sulla cospirazione elettorale erano fake news

I documenti interni, di cui gli organizzatori della campagna erano a conoscenza, avevano dimostrato che non c'era stato nessun trucco che riguardasse Soros e il Venezuela

22/09/2021 di Redazione

Quando lo staff della campagna di Donald Trump per le elezioni Usa ha annunciato di voler agire legalmente contro presunti brogli elettorali che coinvolgevano le società di software Dominion Voting Systems e Smartmatic, George Soros e il Venezuela, sapeva – contestualmente – che stava dichiarando il falso. Mia questo non ha fermato i sostenitori di Trump nel portare avanti una delle più grandi fake news della recente storia americana. La conferenza stampa si è svolta lo scorso 19 novembre, ma qualche settimana prima alcuni report interni alla campagna elettorale di Trump dimostravano esattamente il contrario di quanto sostenuto nel corso di quella stessa conferenza stampa.

LEGGI ANCHE > La diffusione dei tweet etichettati di Trump mette in dubbio la capacità di moderazione dei social

Elezioni Usa e presunti brogli, la campagna di Trump sapeva che erano fake news

Zach Parkinson, il vicedirettore della campagna di Trump, aveva chiesto un dossier sulle società di software chiedendo una verifica sulle voci di brogli che stavano circolando. Un dossier messo insieme molto velocemente, che però conteneva articoli da fonti verificati e servizi di fact-checking, dimostrava che le due società di software Dominion Voting Systems e Smartmatic non avevano lavorato insieme durante le elezioni del 2020 e che non c’era alcun legame diretto tra la Dominion, il Venezuela e il magnate George Soros.

Nonostante questo dossier, che era stato visionato dai membri dello staff della campagna elettorale si decise comunque di proseguire con la conferenza stampa, con la teoria delle elezioni rubate, dei brogli elettorali e di tutta la narrazione della contesa, che ha animato i mesi successivi al voto e che si è conclusa soltanto dopo le scene raccapriccianti di Capitol Hill preso d’assalto dai sostenitori di Donald Trump.

La conferenza stampa era stata convocata, in apparenza, come un tentativo di tener buono un ex presidente che non accettava la sua sconfitta, ma si pensava che potesse avere effetti limitati nel tempo. Invece, il tam tam mediatico sui social network e la creazione di un gruppo di sostenitori (che, ricordiamolo, è arrivato ad assaltare Capitol Hill nel nome di Trump) ha fatto sì che questa teoria si espandesse a macchia d’olio. Adesso, un ex dipendente dell’azienda Dominion, Eric Coomer, ha intentato una causa per diffamazione contro i membri della campagna elettorale di Trump, facendo emergere in tribunale le prove che lo staff dell’ex presidente abbia agito in malafede.

Share this article